lunedì 11 maggio 2020

"MISURA" NEL PENSIERO MEDIEVALE E NEL MONDO MODERNO STEP#12



Nel mondo medievale:
Nel medioevo la suddivisione della giornata era scandita dalle “ore canoniche“, queste indicavano i momenti delle preghiere in comune dei monaci e per un lungo periodo furono la principale misurazione del tempo, non solo nei conventi o nelle chiese ma anche nei campi, nei castelli e villaggi.
Il Mattutino, durante la notte prima dell’alba, quindi le Lodi all’alba, seguite dall’ora Prima (alle ore 6:00), la Terza (alle ore 9:00), la Sesta (alle ore 12:00), la Nona (alle ore 15:00), i Vespri al tramonto e infine la Completa prima di coricarsi, regolavano la vita di tutte le persone, dai religiosi ai nobili, dai contadini ai militi.
Un tempo lento, in un’epoca dove ogni occupazione, dal lavoro nei campi alla copiatura di un manoscritto, così come un addestramento militare,richiedeva un impegno manuale prolungato e pertanto non si avvertiva alcuna necessità di una suddivisione più minuziosa della giornata.
Dalla fine del ‘200 tuttavia, con l’avvento dei mercanti, sorgono altre esigenze così che accanto al “Tempo della Chiesa” si affianca il “Tempo dei Mercanti“: si moltiplicano le meridiane, orologi solari che però necessitavano oltre che del sole anche della loro visione diretta per comprendere che ora fosse (bisognava guardarle per capire che ora fosse, quindi poco pratiche); il salto di qualità si ha verso il XIV secolo, anche per il perfezionamento delle tecniche metallurgiche, quando si creano i primi orologi meccanici che vengono posti sulle torri dei palazzi comunali o sui campanili delle chiese a scandire con suoni di campane le ore e addirittura dei quarti d’ora a tutti gli abitanti dei villaggi.

Nel mondo moderno:
Prima dell’introduzione del metro come unità di misura standard, avvenuta nella Francia rivoluzionaria il 26 marzo 1791, ciascuna città era dotata delle proprie unità di misura di peso, lunghezza, misura dei terreni e capacità dei liquidi.Questo generava ovviamente grosse difficoltà in vari campi tra cui ad esempio il commercio di beni e derrate come tessuti, vino, grano, olio e materiali per l’edilizia (coppi o mattoni); la compravendita dei terreni, i rilievi topografici e catastali, la costruzione di strade e ferrovie e ovviamente la ricerca scientifica e la condivisione del sapere.
Anche una semplice trattativa commerciale tra città confinanti richiedeva infatti l’uso di tabelle di conversione e strumenti di misura generalmente poco precisi o addirittura falsificati per trarne vantaggio. Per risolvere almeno in parte questo problema numerose città si dotarono di campioni di misura ufficiali esposti nei luoghi di mercato o su edifici particolarmente significativi.
Si trattava di spesse lastre di pietra saldamente murate sulle facciate degli edifici per evitarne il furto o addirittura di semplici intagli direttamente incisi nelle murature.
Ciascun campione comprendeva generalmente le unità di misura lineari e spesso anche la sagoma esatta dei materiali da costruzione come tegole, coppi, mattoni e loro eventuali sottomultipli: questo fatto a prima vista può sembrare curioso, ma dobbiamo considerare che anticamente i mattoni si vendevano sfusi, cioè a numero, e che i fabbricanti avevano dunte l’interesse a ridurne le misure per trarne ulteriori guadagni.
Le misure lineari erano costituite da lunghe incisioni in cui era inserita una barra metallica, spesso originariamente graduata, che ora risulta purtroppo quasi sempre perduta o illeggibile. Per i materiali da costruzione si adottavano invece tre soluzioni:
– semplici sagome incise, come ad esempio a Bologna;
– sagome incavate (Modena);
– veri e propri campioni tridimensionali in rilievo (Assisi, Rimini, Città di Castello e Longiano).
Per i pesi e le capacità ci si serviva invece di campioni mobili consistenti di contenitori certificati in legno o metallo custoditi da appositi funzionari.
Questi campioni coprono un arco temporale molto vasto, compreso tra il Basso Medioevo (XIV-XV secolo) e il XVII secolo.

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