giovedì 16 aprile 2020

"MISURA" NEI DIALOGHI DI PLATONE STEP#08



Il Teeteto (in greco Θεαίτητος[1]) è un dialogo di Platone riconducibile alla fase della maturità, collocabile tra il 386-367 a.C. in cui il filosofo afferma che è impossibile considerare vera la scienza se non in riferimento all'essere, cioè l'idea. Questo discorso è finalizzato a smentire la soggettività gnoseologica dei sofisti, i quali ritenevano che fossero i sensi a determinare la conoscenza, cosa che invece Platone nega fermamente: per il filosofo si perviene alla conoscenza tramite la dianoia (διάνοια), la ragione matematica e discorsiva.
Nel dialogo Platone affronta anche la dottrina protagorea dell'uomo-misura (μέτρον ἄνθρωπος), basata sull'assunto secondo cui:
«L'uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono, di quelle che non sono in quanto non sono.»
(Teeteto 152a)
Con la dottrina eraclitea Platone pone l'attenzione sulla condizione transitoria in cui si trovano gli oggetti sensibili, i quali, cambiando, si danno ogni volta agli organi di senso in modi sempre diversi. Questo, si è detto, è una derivazione logica che Platone trae dal relativismo proprio della dottrina protagorea, la quale viene approfondita in quella che è solitamente definita «apologia di Protagora»: al tempo in cui è ambientato il dialogo il sofista è già morto da qualche anno, e per questo motivo Socrate immagina con quali parole egli, se fosse stato presente, si sarebbe difeso dalle critiche mossegli (165c-168c).
«Io sostengo che la verità è proprio come io ho scritto: ciascuno di noi infatti è misura delle cose che sono e di quelle che non sono. Ma esiste una differenza incolmabile tra l'uno e l'altro proprio su questo punto, perché le cose appaiono in modo diverso all'uno e in modo diverso ancora all'altro. E io sono tanto lontano dal sostenere che non esiste sapienza e uomo sapiente, che anzi chiamo uomo sapiente quello che a uno di noi, al quale le cose appaiono e sono cattive, farà cambiare opinione, in modo che le cose gli appaiano e siano buone.»
(Teeteto 166d)
«Ma mai nessuno fece in modo che chi avesse opinioni false poi venisse a concepire opinioni vere. Non è possibile infatti che si abbiano opinioni su cose che non esistono, né altre opinioni sulle sensazioni: soltanto queste sono sempre vere. Così, chi per una condizione infelice dell'anima ha opinioni con essa concordanti, si può fare in modo, penso, che concepisca altrettante opinioni migliori che alcuni, per ignoranza, chiamano fantasie vere, e io invece migliori, le une delle altre, ma niente affatto più vere.»
(Teeteto 167a-b)

"MISURA" IN UN'OPERA DI ARTI FIGURATIVE STEP#09



               


"MISURA" ALL'INTERNO DI UN TESTO DI UN MESSAGGIO PUBBLICITARIO STEP#05

Link:

"MISURA" ALL'INTERNO DI UN TESTO DI LETTERATURA NARRATIVA STEP#06



Descrizione della novella " La roba" di Giovanni Verga:
La Roba di Verga è una novella che, come abbiamo visto, narra le vicende di un uomo, Mazzarò, che ha come unico scopo raccogliere e accumulare roba, nel senso di ricchezza. Mazzarò però è un vinto, un uomo senza speranza perché non si rende conto delle cose veramente importanti della vita le quali, ovviamente, non sono le ricchezze materiali che lui brama per tutta la sua esistenza. Già da come viene descritto fisicamente, si capisce che Mazzarò è un avido, ma allo stesso tempo molto astuto visto che riesce a “rubare” i possedimenti dell’uomo che fino a poco tempo prima lo sfruttava come bracciante. Tuttavia, una volta ottenuto un po’ di potere, non lo sfrutta nel modo giusto, ossia migliorando le condizioni di vita di coloro che, come lui, sono braccianti. L’unica cosa che interessa a Mazzarò è il possesso di roba: terre, campagne, pascoli… più cose ha, più ne vorrebbe. Ogni cosa per Mazzarò è sinonimo di denaro e ricchezza: anche la morte della madre non viene vista come un dolore emotivo, ma come una perdita di soldi per il funerale. Mazzarò lotta, lotta duramente tutta la vita, ma resta uno sconfitto: un anti-eroe in qualche modo che sfrutta malissimo la sua intelligenza e che viene completamente accecato dalla sua bramosia al punto tale che arriva a uccidere parte del suo bestiame, poco prima di morire, per paura di perderlo e di non poterlo portare con sé dopo la sua morte.

"MISURA" ALL'INTERNO DI UN'OPERA POETICA STEP#07



Il cuore come misura della vita nella raccolta di liriche "Sentimento del tempo" di Giuseppe Ungaretti:
Il titolo della raccolta suggerisce l’idea di un tempo che, nel suo inesorabile fluire, deposita nel soggetto un sentimento causato dal vuoto lasciato da ciò che non è più, indicandoci, così, quanto la coscienza dello scorrere del tempo e della perdita delle cose occupi e animi la riflessione ungarettiana di questo periodo; riflessione incentrata, appunto, sulla percezione fra il presente, il passato e l’eterno.Lo scorrere del tempo è colto attraverso la contemplazione di Roma, città barocca per eccellenza, caratterizzata dall’alternarsi di vita e morte, ovvero la forza creatrice e distruttrice della natura, rappresentate la brevità del tempo e ciò che di esso ci rimane: il soffio della poesia.Tema centrale di questo componimento è la limitatezza del tempo umano: lo spettacolo naturale della luce del tramonto su una piccola montagna scatena, nel poeta, una riflessione sulla fine della vita.  Il tempo è reso attraverso la figura della prosopopea: il bacio fra il poeta e il tempo che si pone come emblema della fine dell’esistenza.  Ciò che tiene la misura di questa limitata esistenza è il cuore, che ne segna il ritmo con ogni palpito e che sembra avvicinare la morte.

SINTESI FINALE SULLA "MISURA" STEP#24

In questo blog si è valutato come la misura sia presente in vari ambiti.Iniziando da  definizione ed etimologia  del termine stesso,fino ad ...